ACLI TERRA nel dibattito interno ha necessità di fare i conti con la questione della siccità rapportandola ai temi sociali e del lavoro, insieme a quelli della salute pubblica.
Scrivo un articolo su www.valoriincampo.net come traccia di riflessione per la nostra rete di dirigenti territoriali per prendere coscienza non tanto del tema della siccità nella sua elementare essenza, ma nella più ampia estensione delle relazioni e del governo nella comunità.
Intanto in passato abbiamo avuto stagioni difficili come o più della presente e ricordiamo quella del 2003 in modo particolare. Addirittura le statistiche raccontano di 70.000 morti in Europa per il caldo quell'anno. Ciò vuol dire che il cambiamento climatico avanza, ma che non è immediatamente progressivo, nello stesso momento, però, lo si deve calcolare sulle lunghe distanze temporali con periodi ciclici.
Secondo il rapporto pubblicato da Nasa e Noaa il 2016 è stato l'anno più caldo fino all’attuale. Quelli più caldi dal 1880 sono stati gli anni dal 2014 in poi.
La temperatura media è stata di 0.98°C più alta della media del periodo 1950-1980, e di 0,95°C più alta del periodo 1900-2000.
Attenzione però, non è la stessa cosa per le precipitazioni, quindi per la siccità, perché negli ultimi trenta anni, secondo www.meteogo.it tra i mesi di luglio più piovosi, ad esempio, vi sono quelli tra il 2008 e il 2014, poi un calo, e una sensibile risalita nel 2020.
Il 1994 è stato un anno simile all'attuale, ma negli anni successivi sono aumentate le piogge e scese le temperature per poi trovare nuovamente caldo e siccità nei primi anni del nuovo millennio.
Come vedete non vi è una regolare progressione omogenea tra temperatura, piovosità e siccità. Certamente vi è un trend verso un aumento del riscaldamento dovuto a responsabilità umane, ma anche ad una ciclicità naturale.
La prima riflessione che vorrei sostenere è quella di trattare questo argomento nella dimensione pedagogica e non in quella ansiogena sostenuta dai media.
La pedagogia ci fa interpretare i fenomeni e ci educa a modificarli oppure a conviverci, in un certo qual senso generando la resilienza. Tale caratteristica è proprio ben sancita nell'acronimo PNRR.
L'ansia è strumento della informazione consumistica che cerca di generare paure e quindi continui bisogni da colmare con il consumo di qualcosa.
Propongo in ACLI TERRA, provincia per provincia, di affrontare il tema della siccità con una azione pedagogica intergenerazionale, affrontando il tema con lucidità e pragmatismo.
Una cosa è sicuramente purtroppo cambiata negli ultimi trent' anni ed è l'impegno nella manutenzione degli invasi, nettamente diminuito, tanto da portare l'indice di raccolta delle acque dal 14% all'11%, un 3% in meno che rappresenta una quantità gigantesca.
Per le infrastrutture idriche il PNRR prevede solo il 4% delle risorse, lo 0,2% del PIL, per noi un budget esiguo, perché oggi sono addirittura ed evidentemente più importanti di quelle viarie.
Questa cifra riguarda gli usi civili e quelli aziendali, sia per la manutenzione che per la realizzazione di nuovi invasi.
In Italia ne servirebbero altri 1000 e già 400 sono progettati come ha dichiarato il Segretario Generale dell’Autorità di bacino dell’Italia Centrale Erasmo D’Angelis, a fronte di un patrimonio infrastrutturale di 526 grandi dighe e 20.000 piccoli invasi, fermo agli anni ’60.
La nostra agricoltura assorbe il 50% dell’acqua dolce nazionale e una valutazione sul riuso delle acque depurate è in atto, ma il dibattito è ampio e contraddittorio, però è un confronto che dobbiamo affrontare elaborando una nostra posizione.
I nostri agricoltori si stanno già comportando da seri custodi dell’ambiente, ma questo dibattito sul riuso delle acque depurate va comunque affrontato.
Altra questione riguarda la innovazione del riuso delle acque industriali negli stabilimenti e qui la decisione è già presa in senso affermativo e le evoluzioni sono tutt’ora in atto.
L’allarme sulla dispersione della rete idrica, stimata al 36% dall’istat nei capoluoghi di provincia italiani è invece un punto da risolvere immediatamente con la manutenzione, cercando di raggiungere come obiettivo il livello massimo del 20% di dispersione nei prossimi 15 anni, considerando la natura storica di molti nostri acquedotti.
Queste considerazioni vanno affrontate, mantenendo comunque un dato importante: in Italia annualmente le piogge ci “rovesciano addosso” circa 300 miliardi di metri cubi d’acqua, un dato che ci classifica comunque come Paese piovoso.
A Roma piovono ogni anno, in media, circa 800 millimetri di pioggia, a Londra 760, però nel nostro immaginario non è così.
In questo quadro, poi, vorrei sollevare un’altra questione importante, cioè che nell’Italia centro - meridionale l’acqua è abbondantemente presente nei pozzi artesiani, ma il costo dei carburanti, perché i motori possano pomparla, è eccessivo a causa della speculazione internazionale che prescinde dalla Guerra in Ucraina.
L’Unione Europea è intervenuta lo scorso 30 marzo con delle misure contemplanti tre tipi di aiuti: sostegni economici diretti, 35.000 euro per le imprese agricole e quelle ittiche, sostegni alla liquidità sottoforma di garanzie statali e prestiti agevolati e, infine, aiuti destinati a compensare i prezzi elevati dell’energia.
Tutto questo abbiamo detto che è utile, ma è necessario un ombrello, un tetto, ai costi energetici per il comparto primario, anche perché i produttori di energie e carburanti hanno concessioni e non sono proprietari del patrimonio energetico.
Dunque provo a fare sintesi con tre battute e lascio a voi il dibattito.
Abbiamo bisogno immediatamente di un piano di manutenzione delle nostre infrastrutture idriche, cercando di implementarle, alzando il budget del PNRR per tale settore dal 4% all’ 8%.
E’ necessaria una politica europea di protezione per il comparto rispetto alle speculazioni energetiche.
Terza cosa, assolutamente alla nostra portata, quella di svolgere una funzione pedagogica per evitare che le persone perdano lucidità a causa dell’ansia mediatica con un fine consumistico.
In sostanza acqua ne abbiamo, ma è la gestione che dobbiamo lucidamente riorganizzare.
Buon lavoro,
Nicola Tavoletta