22 Nov 2024

Olio, allarme in Puglia Un’azienda su dieci è a rischio chiusura

La fucina italiana dell’olio affonda. Secondo le ultime stime dell’Ismea, la produzione 2022 di olio extravergine d’oliva pugliese è crollata del 52%, praticamente dimezzata. Con 60 milioni di ulivi, la Puglia da sola ospita quasi il 32% di tutta la superficie nazionale coltivata a ulivi, il 40% di quella del Mezzogiorno e l’8% di tutta quella dell’Unione europea. La produzione lorda regionale, che vale un miliardo di euro, è dunque a rischio, e con essa le rese e la capacità di export di un’intera nazione; quasi un’azienda olivicola su dieci lavora in perdita e, di questo passo, rischia la chiusura.
Le ragioni di questa crisi? Una, ormai è chiaro da tempo, è l’inarrestabile diffusione della Xylella. L’ultima zona rossa è stata dichiarata proprio in questi giorni tra Monopoli e Polignano. Dall’ottobre del 2103, da quando cioè a Gallipoli fu trovata la prima pianta infetta, l’avanzata di questo insetto killer in Puglia non si è mai fermata. Ad oggi ha colpito oltre 8mila chilometri quadrati di terreni, il 40% del territorio pugliese, con oltre 21 milioni di ulivi infettati, molti dei quali monumentali, e 5mila posti di lavoro persi nella filiera dell’olio extravergine di oliva.


Ma il vero killer delle olive pugliesi è stata la siccità: quella, durissima, di quest’anno, si è andata a sommare alla mancanza di piogge registrata già nel 2021.Un combinato disposto che ha dimezzato il numero dei frutti degli alberi fino a renderli di fatto improduttivi. Infine, come per ogni settore dell’economia, anche l’olivicoltura pugliese ha subito l’esplosione dei costi.  I rincari diretti e indiretti determinati dall’energia vanno dal+170% dei concimi al +129% per il gasolio nelle campagne. A questo va aggiunto il vetro, che costa oltre il 30% in più rispetto allo scorso anno, le etichette aumentate del 35%, i rincari del 45% del cartone e quelli del 60% della banda stagnata. E mentre i costi crescono, dicono gli olivicoltori, i ricavi delle imprese scendono, anche se il carrello della spesa delle famiglie registra un aumento dei prezzi al dettaglio.


L’Italia è ancora fra i primi tre maggiori consumatori di olio extravergine di oliva al mondo subito dopo la Spagna e prima degli Stati Uniti, e rappresenta il 15% dei consumi mondiali. Il mercato internazionale, peraltro, continua a rispondere bene all’olio extravergine di oliva italiano: secondo l’ultimo report della Coldiretti, le esportazioni di olio made in Italy nel 2022 sono balzate del 23% in valore. Il 62%dei ricavi viene realizzato negli Stati Uniti, seguiti da Germania, Francia, Giappone e Canada. Saprà l’Italia garantire prodotto per tutti anche nel 2023?


Nel mondo il 75% dei consumatori, sostiene l’associazione degli agricoltori, si dichiara propenso all’acquisto se si tratta di prodotto italiano e la maggioranza assoluta dichiara che al momento di acquistare un olio extravergine d’oliva non bada al prezzo per avere la massima qualità. I consumatori usano in media 8 chili a testa di olio extravergine di oliva e ogni famiglia spende in media 117 euro all’anno per acquistare olio d’oliva.


Se la produzione pugliese tracolla, però, il resto della frangitura italiana non ride. Cambiamenti climatici e caro-materie prime hanno ridotto la produzione nazionale di quest’anno di circa un terzo. Il calo è diffuso soprattutto al Sud Italia, ma anche nelle regioni centrali - come Lazio e Toscana - l’andamento delle rese è stato macchia di leopardo. Ad essere andata meglio è stata la produzione del Nord, che ha segnato addirittura un aumento attorno al 40-60% fra Liguria, Lombardia e Veneto. In Italia la produzione di olio extravergine d’oliva conta su 250 milioni di piante e genera un giro d’affari complessivo intorno ai 3 miliardi di euro tra aziende agricole, frantoi e industrie della trasformazione.